BERTO FOR MILANO140: #INTERVIEW
Vi ricordate l’esatto momento in cui avete deciso di diventare fashion designer?

La mia famiglia opera nel settore dell’abbigliamento da tre generazioni, sono cresciuto tra cartelle colori e tessuti e, nonostante abbia intrapreso studi di architettura, il richiamo alla moda è sempre stato un tema molto sentito e strettamente personale. Si può quindi dire che la decisione di entrare in questo mondo ha radici lontane, ma è solo con la partecipazione al talent “Who is on Next ? uomo 2017” di Pitti vincendo l’ “HERNO Awards” che ne ho preso la definitiva consapevolezza. Herno ci ha dato il contratto di direzione creativa per due stagioni – AI 2018/19 e PE 2019 – finalizzato alla realizzazione di una capsule collection del marchio “Herno Untitled”. Non vediamo l’ora di cominciare.
L’aiuto che il progetto di Berto for Talents offre alle giovani realtà come la nostra, mettendo a disposizione il proprio know-how, è impagabile.
Qual è stato il vostro primo progetto?

M140 è il nostro primo progetto ed è nato solo 1 anno fa. Fin dalla prima collezione siamo stati spinti dal desiderio di re-inventare i capi classici italiani, a noi così legati per l’esperienza tessile della mia famiglia. Questo percorso ci ha portato a rivisitare le nostre radici combinandole ad una nuova visione estetica: ricerca sartoriale in chiave contemporanea. Questo processo è personale e nasce infatti dalla necessità di recuperare il classico dal nostro passato, ovvero la memoria, e riproporlo con una nuova accezione che lo arricchisce. Tradizione e nuovi pensieri che nelle nostre menti si mixano in perfetto equilibrio.

Il processo creativo: lavorate in modo istintivo o pianificate ogni singolo piccolo passo? Da dove vengono le vostre idee?

Vengo da studi di architettura, i riferimenti artistici all'interno nei nostri lavori che provengono da mondi diversi sono molti. L’architettura ed il design sono sempre stati base di ispirazione nel nostro processo creativo, dalla scuola italiana di Terragni e Giò Ponti, fino al costruttivismo di Aldo Rossi, tutti personaggi che hanno proposto soluzioni innovative attraverso lo studio di forme e ricerca di nuovi materiali.. ed è esattamente tutto quello che cerchiamo di applicare in un ambito differente, la moda.
Anche il nostro approccio progettuale è molto legato ai miei studi: penso ad una collezione e pianifico ogni singolo step con la stessa attenzione al dettaglio e maniacalità di quando progetto. Programmazione e pianificazione sono necessarie per avere un progetto credibile e che duri nel tempo.

Come è nata la vostra collaborazione con Berto?

Abbiamo conosciuto Berto per il programma “Berto4YoungTalents”. Avevamo amici che già collaboravano con l’azienda e che ci hanno dato ottimi feedback. Da qui il nostro desiderio di intraprendere la collaborazione.

Quali tessuti di Berto avete utilizzato per il vostro progetto e la vostra collezione?

Per la P/E18 abbiamo utilizzato un Denim Raw poiché materiale che meglio esprimeva l'ispirazione al gesto e la natura “raw” appunto di tutta la collezione. Abbiamo sempre voluto inserire una base di denim nelle nostre collezioni per sfruttarne la grossa forza commerciale, per questo siamo stati subito molto contenti di lavorare con i denim di Berto in questa stagione.

Qual è la parte più significativa di Berto for Talents secondo voi? Quali obiettivi siete state in grado di raggiungere grazie a questo programma?

L’aiuto che il progetto di Berto for Talents offre alle giovani realtà come la nostra, mettendo a disposizione il proprio know-how, è impagabile. Uno degli aspetti più critici durante le prime collezioni sono il metraggio dei minimi per l’acquisto dei tessuti. Molte volte si è limitati nella fase di creazione perché costretti a lavorare con fornitori sul pronto o su un archivio di materiali molto limitato a causa dei sovrapprezzi legati alle quantità necessarie per un brand agli inizi. E’ per questo che il supporto di Berto è davvero impagabile: aprire le porte dei suoi magazzini, scegliere un prodotto made in Italy di alta qualità senza obbligare ad un ordine minimo può fare veramente la differenza.

“Less but better” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensate?

Assolutamente. Sono temi che oggi non si possono non affrontare in qualsiasi ambito, fashion business compreso. Noi ci ispiriamo ai grandi maestri italiani dell’architettura, come i già citati Terragni, Giò Ponti e Rossi, che hanno fatto dello studio e della ricerca di nuovi materiali per trovare soluzioni alternative e sostenibili la loro più grande battaglia. Per questo la prerogativa di ogni nostro capo è che l’estetica debba essere sempre strettamente legata alla funzionalità e mai fine a se stessa. Oggigiorno la sostenibilità e l’ambiente del resto sono temi che fanno ormai parte del “common sense” della società in cui viviamo, mi piacerebbe però che un giorno si potesse anche parlare di equità del lavoro, di rispetto della persona, di valore della filiera e del capitale umano, concetti insiti nel “vero” Made in Italy, con la stessa frequenza e forza mediatica. Ma siamo ancora molto lontani.

C'è qualcosa che vorreste fare e che non avete ancora fatto?

Abbiamo in mente un sacco di cose ma per ora pensiamo solo a pianificare la prossima stagione. E per il resto.. step by step si vedrà.

(Risposte di Michele Canziani)

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