BERTO FOR CATERINA MORO: #INTERVIEW
Ti ricordi l’esatto momento in cui hai deciso di diventare fashion designer?

Si, me lo ricordo perfettamente. Ero a casa di una amica il cui padre, designer di gioielli per un famoso brand, le ha lasciato in eredità un bellissimo quadro che lei mi stava mostrando, realizzato con applicazioni di elementi di bigiotteria. Improvvisamente ho provato un brivido, e dentro di me si è accesa una lampadina: ho capito che quello del designer era il lavoro più bello del mondo, e che anche io volevo farlo. 
Avevo già deciso che per la mia SS 2019 avrei plissettato il denim, trattando il tessuto streetwear per eccellenza come un tessuto d’alta moda [...] Ho scoperto la vostra bellissima azienda, il vostro denim certificato e l’esistenza del progetto Berto For Young Talents... mi avete conquistata!
Qual è stato il tuo primo progetto?

Ho cominciato dalla pratica, vendendo su Etsy i miei primi capi e cercando di testare il feedback del pubblico. Il mio primo progetto ufficiale, e quello che porterò sempre nel cuore, è stata però la capsule demi-couture che ho realizzato come final work del Master in Alta Moda dell’Accademia di Costume e Moda di Roma e che ha sfilato per la Fashion Graduate a Milano. Penso che l’emozione della prima passerella sia qualcosa che non si scorda mai! 

Il processo creativo: lavori in modo istintivo o pianifichi ogni singolo step? Da dove arrivano le tue idee?

Lavoro in modo molto istintivo anche se periodicamente mi riprometto di diventare più sistematica - e non lo faccio mai. Nel mio caos però c’è un certo ordine: ho sempre con me un quaderno in cui segno tutte le idee che mi vengono, anche se apparentemente non hanno un senso. Ed un album sul cellulare in cui raccolgo scatti di tutto quello che mi colpisce, di qualsiasi cosa si tratti. Quando devo disegnare una collezione, mi prendo qualche giorno per pescare in questo marasma e... improvvisamente le cose diventano chiare e mi accorgo che c’è spesso un senso di fondo! Certo, la creazione di una collezione ha poi una parte più analitica, ma quella viene dopo.

Come sei entrata in contatto con Berto?

Nobilitare l’abbigliamento di tutti giorni, così da aggiungere poesia al quotidiano, è una delle idee di fondo su cui lavoro. Avevo già deciso che per la mia SS 2019 avrei plissettato il denim, trattando il tessuto streetwear per eccellenza come un tessuto d’alta moda e giocando sui contrasti. Per realizzare il mio progetto avevo bisogno di un denim leggero e con una componente importante di poliestere al proprio interno, tale da poter reggere la plissettatura. Ho fatto un pò di ricerca ed ho scoperto la vostra bellissima azienda. Quando poi ho scoperto che il denim era certificato, e l’esistenza del progetto Berto For Young Talents..... mi avete conquistato! 

Con quali dei tessuti di Berto hai lavorato per il tuo progetto e le tue collezioni?

Il tessuto che ho usato maggiormente nella presente collezione è il Prince Blu 85, che si è rivelato un ottimo alleato nella realizzazione delle gonne a mezza ruota plissettate. Per alcune gonne, come quella a tubino, per ottenere un risultato più morbido ho usato anche l’Agata Shade. Infine, per i pantaloni, il trench, lo chemisier ed alcune bluse ho usato il Berlino Blu ed il Berlino 45: la composizione in misto lino di questo tessuto ha dato un ottima resa su una collezione primavera/estate, e mi ha aiutata ad ottenere il mio obbiettivo, donando al denim quel sapore vagamente couture che che stavo cercando.

“Less but better” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensi?

Sono assolutamente d’accordo. Come professionisti della moda, abbiamo l’obbligo morale di evitare che la nostra industria distrugga il pianeta. Credo che la sostenibilità sia una delle sfide maggiori che il futuro presenterà al nostro settore, ed è grazie all’esistenza di aziende come la vostra che tale obbiettivo diventa concretamente realizzabile. Poi si può essere minimalisti o meno dal punto di vista dello stile - io lo sono abbastanza, mi piacciono le linee pulite che permettano di focalizzare l’attenzione sul dettaglio - ma questo è un altro discorso.

C’è qualcosa che non hai mai fatto e che ti piacerebbe realizzare?

Si. Una sfilata tutta mia a Parigi! Dicono che per ottenere un obbiettivo bisogna focalizzarlo. Così qualche mese fa all’aeroporto Charles de Gaulle ho comprato una palla di vetro con dentro la torre Eiffel, che ormai sta fissa sulla mia scrivania, in modo da farmi avere sempre davanti agli occhi l’obbiettivo!

www.caterinamoro.it