Denim e Design si incontrano nel nuovo progetto di A e L
Ti ricordi l’esatto momento in cui hai deciso di diventare fashion designer?

La parola fashion designer ci fa un po' paura, nel senso buono del termine, perché entrambi, abbiamo sempre visto questa figura come un’icona, una figura quasi irraggiungibile. Quindi oggi definirci così suona strano ma allo stesso tempo ci rende molto orgogliosi. Per entrambi, non c’è stato un vero e proprio momento chiave, sin da piccoli, ci siamo innamorati di questo mondo e abbiamo lavorato affinché ne divenisse un lavoro, indirizzando il percorso di studi verso questo obiettivo.



Siamo molto attenti alla parte tecnica, legata all’utilizzo del denim e ai trattamenti, affinché il prodotto sia il più possibile duraturo nel tempo.
Qual è stato il vostro primo progetto?

Aelle è il nostro primo progetto insieme, è il connubio tra i nostri differenti percorsi professionali. Quello di Ludovica, più legato al mondo del design e quello di Alex, più tecnico, legato al mondo dei trattamenti sul denim. Da questo connubio nasce anche l’idea del nome AELLE, ovvero la pronuncia, tutto d’un fiato, delle loro iniziali A ed L. Abbiamo cercato quindi di mettere insieme questi due mondi e creare qualcosa di diverso, ovvero proporre i trattamenti che solitamente fanno fatti su capi di abbigliamento come 5 tasche o giubbini su accessori, borse, pochette, portachiavi e piccoli accessori. Abbiamo cercato di giocare su questa novità e sulla vastità di trattamenti possibili sul denim.


Il processo creativo: lavori in modo istintivo o piani chi ogni singolo step? Da dove arrivano le tue idee?

La parte creativa è molto impulsiva ed emotiva. Ogni idea ha vita propria e ognuna nasce in maniera differente. Tutto ciò che ci circonda è fonte di ispirazione, banalmente passeggiare in centro città, andare al mare, viaggiare sono tutte situazioni di spunto. Ad esempio, l’idea di utilizzare il denim è nata in un mercatino dell’usato, vedendo una borsa artigianale realizzata con un patchwork di vecchi jeans. Mentre gli step successivi hanno un approccio molto più tecnico, studiato e riflessivo. La parte del design viene studiata sempre pensando alla funzionalità e a tutti gli usi che il cliente finale desidererebbe che avesse un determinato oggetto. Poi siamo molto attenti alla parte tecnica, legata all’utilizzo del denim e ai trattamenti, affinché il prodotto sia il più possibile duraturo nel tempo.


Che cosa hai pensato quando sei stato contattato da Berto?

Siamo rimasti estremamente contenti e soddisfatti, conoscevamo l’azienda perché ci abbiamo lavorato in precedenza e sapevamo dell’attenzione con cui si rivolge alle piccole realtà come la nostra, aiutandole, soprattutto nella fase di nascita. Inoltre, il nostro progetto nasce con l’intento di rendere tutta la filiera all’interno dei confini nazionali, dal tessuto fino alla produzione e che fosse il più possibile “green” e sostenibile. E Berto, in questo senso, è l’azienda di denim che si concentra maggiormente su queste tematiche. La scelta è stata imprescindibile.


Con quali dei tessuti di Berto hai lavorato per il tuo progetto e le tue collezioni?

Tutta la proposta si basa principalmente sull’utilizzo del GLOBE EVO ONE, il suo tono di indaco molto intenso ci ha permesso ti trattarlo in maniera molto diversa ed estrema. Questo ha dato una marcia in più al prodotto. Abbiamo anche utilizzato CATCH BLACK BLACK e il SAHARA FLK AB, quest’ultimo un flock davvero eccezionale.


Qual è la parte più significativa di Berto for Talents secondo te? Quali obiettivi sei stato in grado di raggiungere grazie a questo programma?

Come accennavo poco fa, la parte principale di questo progetto è l’approccio verso le piccole realtà giovani come la nostra. Sono pochissime le aziende del calibro di Berto che hanno quest’attenzione per i giovani.
Basti solo pensare alla possibilità di acquistare piccole quantità di denim, spesso legato da minimi molto alto di acquisto. Questo è stato fondamentale, senza Berto avremmo avuto molta difficoltà a reperire il tessuto. E poi c’è la parte, non trascurabile, la consulenza tecnica, Anna Sartorato in questo è imbattibile!


Less but better” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensi?

Ci piace questa espressione e Aelle nasce proprio con quest’intento, dare al cliente finale un prodotto che sia frutto di un percorso tecnico e di valore. Quindi tessuti di qualità, una filiera interamente made in Italy e, quindi, realizzare prodotti che siano slegati dalla frenetica rincorsa alla stagionalità, che spesso i grandi marchi propongono. Quindi sottoscriviamo la filosofia “less but better” e la facciamo nostra.


C’è qualcosa che non hai mai fatto e che ti piacerebbe realizzare?

Le cose che vogliamo fare sono tantissime, questo è il nostro primo progetto, quindi abbiamo ancora tante idee per la testa.
A breve vorremmo ampliare l’offerta dei prodotti e creare qualche collaborazione con altri brand.