BERTO FOR MA VA': #INTERVIEW
Vi ricordate l’esatto momento in cui avete deciso di diventare fashion designer?

Non è stata una decisione ma semplicemente un altro modo di esprimere la nostra vena artistica. Finora è stato mediante l’Architettura che abbiamo potuto dare forma alla nostra creatività, finché un giorno quei giochi con aghi, stoffe e merletti di quando eravamo bambine si sono trasformati in uno stile di vita, si sono materializzati in ma va’. Sì, un’esclamazione di stupore, ma soprattutto la nostra identità nella contrazione dei nostri due nomi MArianna e VAlentina: due donne, due sorelle, due Architetti.
La possibilità fondamentale di collaborare con un team aziendale ricco di esperienze è una magnifica opportunità di crescita.
Qual è stato il vostro primo progetto?

Il primo vero progetto è stato una capsule primaverile per un negozio che desiderava proporre capi ricercati nelle forme e curati nei dettagli. Abbiamo offerto alla clientela del negozio i fondamenti della tradizione sartoriale e del design contemporaneo per realizzare abiti unici e personalizzati.

Il processo creativo: lavorate in modo istintivo o pianificate ogni singolo step? Da dove arrivano le vostre idee?

È proprio il concetto di “progettazione della moda” ad ispirare il nostro lavoro e le nostre creazioni. Suggestioni ed emozioni risvegliano in noi l’anima dell’Architetto che ci suggerisce nuovi linguaggi di segni e forme, una continua esplorazione di colori e materiali, una maggior cura dei dettagli e una scelta sempre migliore dei tessuti. Il processo non è altro che l’evoluzione progettuale di ciò che nasce impulsivamente dalle ispirazioni, che sono frutto delle influenze del nostro passato e dei nostri percorsi di vita: l’architettura razionale degli anni ’30, il neorealismo e la pop art, le avanguardie degli anni ’60 e il cinema felliniano. Tutto ciò che ci circonda può essere spunto per contaminare un nuovo lavoro. Qualsiasi cosa è l’occasione per riprodurre in materia le migliori creazioni.

Che cosa avete pensato quando siete state contattate da Berto?

La collaborazione con Berto è cominciata prima del progetto B4YT, da una ricerca di tessuti Made in Italy dal design innovativo. È stato quasi naturale entrare a far parte de The Young Talents per l’empatia che è subito nata tra noi ed il team ideatore.

Con quali dei tessuti di Berto avete lavorato per il vostro progetto e le vostre collezioni?

Il primo progetto concepito sui tessuti Berto è stato realizzato con la varietà Oscar Ceck e Oscar Club. La conoscenza continua e la crescita della collaborazione ha permesso di approfondire il know-how di entrambi che ha portato ad una scelta più mirata dei tessuti.

Qual è la parte più significativa di Berto for Talents secondo voi? Quali obiettivi siete state in grado di raggiungere grazie a questo programma?

L’opportunità. Siamo sempre state consapevoli di non poter fare tutto da sole, per questo motivo la possibilità fondamentale di collaborare con un team aziendale ricco di esperienze è una magnifica opportunità di crescita. Durante il primo incontro siamo riusciti a creare un primo legame tra il nostro desiderio e le loro conoscenze, da quel momento abbiamo azzerato il contatore e siamo partite lungo questo percorso che porterà a rafforzare il Made in Italy. Dovevamo iniziare a farci conoscere, a condividere le nostre idee con altri sia per poterle attuare sia per poterle completare e ampliare.

“Less but better” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensate?

Noi rispondiamo infatti “Less Aesthetics, More Ethics” (7. Mostra Internazionale di Architettura ndr). I segnali che giungono da tutto il mondo ci costringono a delle riflessioni sui nostri comportamenti e ci stimolano verso nuove interpretazioni dell’universo della moda. La realtà ci pone una nuova sfida: ricercare nuove soluzioni etiche rispetto al consueto impegno estetico di un progetto. Consideriamo il nostro laboratorio un luogo dove analizzare la nuova dimensione dei comportamenti e delle trasformazioni stilistiche per poi darne forma e visibilità.
Per molto tempo molte delle abitudini di consumo sono apparse non avere alcuna conseguenza. È ormai evidente che c'è uno squilibrio nel livello di vita in tutto il mondo, alimentato dallo sfruttamento dei mercati del lavoro. Ecco perché ritrovare l’origine della produzione manifatturiera a Km 0 è sicuramente il cardine alla base di ma va’.

C’è qualcosa che non avete mai fatto e che vi piacerebbe realizzare?

Per usare una metafora a noi cara: “Abbiamo appena posto le fondamenta del nostro progetto ed è ancora tutto da realizzare”